Scrivere di pizza e, soprattutto, di Pizza Napoletana STG è cosa non da poco. Non perché sia un argomento abusato, descritto in mille salse, ma piuttosto perché già nelle dita se ne assapora la fragranza e non si può arrivare in fondo all’articolo senza un certo languore.
Prima di raccontare del disciplinare, confessiamo che le suggestioni per questo articolo sono arrivate dall’Accademia della Crusca che, ha risposto al quesito di una lettrice su quale verbo fra condire, guarnire e farcire, fosse più appropriato da usare descrivendo la preparazione della pizza.
Ebbene, scrive La Crusca, analizzando i risultati della ricerca effettuata su vocabolari e internet, “il quesito è tutt’altro che banale anche perché permette qualche riflessione sulle tendenze in atto nella lingua della gastronomia italiana odierna. Se intendiamo pizza come pizza (alla) napoletana, nei vocabolari, nelle fonti gastronomiche e anche nell’uso novecentesco sembra prevalere la scelta di condire.“.
E ancora si afferma correttamente: “Anche nel sito dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, nella pagina dedicata al Disciplinare internazionale si parla di condimenti e si dice che «La vera pizza napoletana va condita».“.
La questione è davvero difficile da dirimere, seppure ci troviamo d’accordo con una colta lettrice della fanpage dell’Accademia che scrive: “farcire si dovrebbe dire per alimenti che possono contenere roba dentro (il calzone si farcisce, in quanto ha una cavità). Guarnire richiederebbe un abbellimento estetico (se metto un rametto di basilico su una pasta, la guarnisco). Ad excludendum, rimarrebbe condire.”.
A sorpresa, nel testo del Disciplinare, rintracciabile sul sito della Commissione Europea, leggiamo: “La «Pizza Napoletana» STG è caratterizzata da un cornicione rialzato, di colore dorato, proprio dei prodotti da forno, morbida al tatto e alla degustazione; da un centro con la farcitura, dove spicca il rosso del pomodoro, cui si è perfettamente amalgamato l’olio e, a seconda degli ingredienti utilizzati, il verde dell’origano e il bianco dell’aglio, il bianco della mozzarella a chiazze più o meno ravvicinate, il verde del basilico in foglie, più o meno scuro per la cottura.”.
Il Disciplinare Internazionale dell’Associazione Verace Pizza Napoletana è il primo documento stilato per tutelare e promuovere questo prodotto tipico della gastronomia tradizionale italiana, nato nel 1984, proprio nel mese di maggio, grazie ad Antonio Pace e Lello Surace (rispettivamente Presidente e Vice Presidente AVPN), è ancora oggi più che attuale, poiché il Disciplinare europeo, registrato il 5 febbraio 2010, è nato proprio dalla domanda di iscrizione al registro delle STG (Specialità Tradizionali Garantite) presentata dall’Associazione.
Il territorio di produzione corrisponde alla città di Napoli, in Campania, ma il marchio è concesso a tutti gli operatori che ne fanno richiesta, previe verifiche periodiche affinché siano seguite tutte le indicazioni elencate nel Disciplinare, dall’uso di prodotti e ingredienti specifici (ad esempio il tipo di olio extra vergine con le caratteristiche organolettiche indispensabili) alle metodologie di impasto, lievitazione e cottura.
La vera Pizza Napoletana STG è di due tipi, Marinara o Margherita. Nella Marinara, ci teniamo a dirvelo, è contemplato un solo spicchio d’aglio, pelato e tagliato a fettine. Non è in alcun modo possibile prescindere dalla cottura in forno a legna. Non rispetta il disciplinare chi vi servirà come pizza napoletana una pizza congelata, surgelata o posta sottovuoto.
Se la comparsa della “Pizza Napoletana” può essere fatta risalire ad un periodo storico che si colloca tra il 1715 ed il 1725, potremmo far risalire l’uso di un impasto di acqua e farina cotto in forno come piatto di portata commestibile alla cucina greca antica, nonostante esistessero già i piatti di terracotta: pagnotte di pane piatto venivano usate per contenere le pietanze, talvolta il pane veniva usato al posto delle posate per raccogliere il cibo oppure per pulirsi le dita.
L’amante perfetto è quello che si trasforma in pizza alle quattro del mattino.
(Charles Pierce)