È con grande piacere e l’acquolina in bocca che ci accingiamo a illustrarvi i molti pregi del Canestrato Pugliese DOP, un formaggio dal sapore unico, tanto da essere presente sulle tavole, fresco e stagionato, sia come secondo piatto che come condimento della pasta.
Iniziate immaginando un bel piatto di orecchiette al sugo con la “braciole” cosparso di questo formaggio oppure un pinzimonio di verdure crude, il canestrato tagliato a spicchi con il suo coltello “a petto di piccione” e un buon bicchiere di vino. Se non lo avete a portata di mano nella vostra dispensa, lasciate convincervi da quanto segue.
I motivi per i quali il Canestrato Pugliese è stato riconosciuto D.O.C. con D.p.r. del 10 set. nel 1985 e, nel 1996, con il reg. (Ce) n.1107/96, ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta, sono davvero interessanti, in primis la forte volontà di proteggerne la tipicità in seguito ai mutamenti occorsi alle metodologie di allevamento ovino regionale e alle tecniche di produzione alla fine degli anni ’60. Ecco le caratteristiche di base: è un formaggio a pasta dura non cotta, prodotto con latte intero di pecora, che al contrario di quanto si possa affermare, il disciplinare non individua nelle pecore di razza gentile di Puglia.
Il Canestrato di Puglia è probabilmente il meno noto fra i nove pecorini prodotti in Italia, anticamente, la tecnologia di produzione prevedeva l’impiego di latte munto di fresco e filtrato grossolanamente; senza innesto, la coagulazione avveniva in caldaie di rame stagnato mediante aggiunta di caglio di agnello o di estratto vegetale di caprifico.
Siamo ancora nei territori delle Saline di Margherita di Savoia, nel foggiano, dove è d’uso salare a secco questa tipologia di caci, spargendo il sale direttamente sulla forma; appartiene ai cosiddetti “canestrati”, formaggi messi a scolare il liquido e ad asciugare l’umidità all’interno di canestri o fuscelle di giunco, i quali possiedono una crosta particolarmente caratteristica e riconoscibile, data la rugosità evidente.
La produzione del Canestrato di Puglia è legata all’antica tradizione della transumanza degli ovini, che partivano dall’Abruzzo per svernare in Puglia, da dicembre al mese di maggio, nelle zone della provincia di Foggia e in diversi comuni della provincia di Bari. Nelle aziende della Murgia la caseificazione era spesso affidata alle donne, mentre nelle zone del Tavoliere, erano i pastori stessi ad occuparsi di questo prezioso e raro formaggio.
Il metodo di produzione riconosciuto dal disciplinare è il seguente: “il latte intero di pecora, portato a temperatura tra i 38 e 45°C, viene addizionato con caglio animale. La coagulazione, presamica, avviene con l’aggiunta di caglio di vitello o di agnello. La cagliata così ottenuta, raggiunta la corretta consistenza, viene rotta fino ad ottenere granuli grandi come chicchi di riso e dopo una breve compattazione, viene racchiusa in canestri di giunco. La forma viene pressata e, dopo 2-4 giorni, si procede alla salatura che può essere effettuata a secco o in salamoia e a più riprese. Una volta tolte dai canestri le forme vengono messe a stagionare in ambienti freschi e debolmente ventilati, dando vita ad un formaggio più giovane o più maturo a seconda che la stagionatura si protragga da un minimo di 2 fino a 10 mesi.
Il Canestrato Pugliese DOP ha forma cilindrica, la crosta è di colore marrone tendente al giallo, più o meno rugosa, dura e spessa. La pasta è di colore paglierino, compatta, friabile, discretamente fondente, poco elastica, con occhiatura grassa appena visibile. Il sapore è caratteristico e deciso, più delicato e leggermente sapido nel prodotto fresco, con aroma fragrante nel prodotto stagionato.”.
È commercializzato sia giovane che stagionato, in forme intere, a tranci, in porzioni e preconfezionato; deve recare sulla faccia piana la denominazione. Deve riportare in etichetta il nome del prodotto e la menzione “Denominazione di Origine Protetta”. Una volta tagliato, conservatelo in un panno di cotone umido. Attualmente, la produzione, che era stata interrotta per un periodo di tempo comunque inferiore ai due anni, è stata riavviata: una notizia che ci fa ben sperare per il mantenimento della certificazione DOP e per poterne ancora gustare il sapore unico.
Abbinamenti: a 60-90 giorni dalla produzione si accosta a vini bianchi di buona struttura, oltre i 90 giorni può arricchire primi piatti di pasta secca e fresca e minestre. Se non supera i 10 mesi di stagionatura è un ottimo formaggio da tavola, lo si accompagna alle insalate, alle verdure cotte e crude oppure grigliate. A 12 mesi di stagionatura predilige vini corposi, ma poco tannici. Da grattugiare quando la maturazione supera i sei mesi.
Come il cacio sui maccheroni
Fonti del disciplinare Ministero delle Politiche Agricole