Vi siete mai chiesti se un giovane brand produttore di vini potesse garantirvi la stessa qualità di un marchio consolidato da anni di esperienza nella produzione e commercializzazione? Crediamo che l’istinto e l’abitudine giochino a favore della scelta del marchio attivo da anni. Senza mettere in concorrenza queste due macro realtà, possiamo affermare che accade anche che un brand vinicolo davvero nuovo sul mercato, sia in realtà frutto dell’esperienza di anni e di una profonda cultura enoica. Se poi, a queste, aggiungiamo la conoscenza e l’uso sapiente della cultura digitale e di una strategia dei contenuti che riesce a esprimere i valori del brand attraverso i social media e il progetto di un sito dinamico e accogliente, avremo la possibilità di conoscere Cantina Primo Re.
Siamo a San Donaci, in provincia di Brindisi, in pieno Salento, lungo la direttrice fra Taranto e Lecce, per incontrare Natalia Pezzone, brand manager, e Nicola Centonze, enologo.
Domanda: Innanzitutto, benvenuti su Gusto News. Primo Re è un brand che si affaccerà per la prima volta sul mercato vitivinicolo quest’autunno, voi nel frattempo sarete di ritorno dall’estero con esperienze specifiche e una storia di passione e di conoscenza dei vigneti e della produzione del vino anche al di fuori dei confini nazionali: chi siete e perché state tornando “a casa”?
Natalia Pezzone: Il nostro percorso è un pochino lungo, ma ne farò un riassunto. Finita la Specialistica in Enologia e Viticoltura ad Asti, Nicola accetta un lavoro in Argentina, dove riceve ospitalità da me, che sono argentina e amica di amici, e così nasce il rapporto che successivamente ci ha portato in Salento, dove ci siamo sposati. In Salento, siamo vissuti qualche anno, mentre Nicola lavorava da enologo apprendista nella cooperativa vinicola del paese, e io ero immersa nel mondo dell’editoria online. Tuttavia, la crisi economica nel Sud Italia e la nostra estrema curiosità per il mondo ci ha spinto a partire in un viaggio zaino in spalla per l’Europa, iniziato con zero piani, ma che è durato quattro anni.
Siamo stati in Scozia e Inghilterra lavorando in piccole realtà che facevano agricoltura biologica e Nicola ha anche lavorato per una prestigiosa cantina inglese che fa spumanti (Nyetimber.com). Poi abbiamo vissuto anche in Francia, dove un noto enologo di Bordeaux ha offerto a Nicola la possibilità di lavorare da enologo principale in una cantina in Romania (Alira.ro); così, ci siamo trasferiti sul Mar Nero dove abbiamo vissuto altri due anni.
Il nostro vero grande sogno però è sempre stato avere la nostra cantina in Italia; con il denaro che abbiamo messo da parte lavorando all’estero e l’aiuto dei piani di sostegno all’agricoltura del Governo, siamo riusciti a tornare a casa e vedere realizzato il nostro sogno. Tutto il mix di conoscenze acquisite negli anni fuori Italia ci consente di creare un vino che rappresenta la terra salentina, ma anche le nostre avventure ed esperienze di vita.
D: Possedete vigneti di famiglia in produzione da vent’anni, ma non avete mai commercializzato i vostri vini, avete apportato cambiamenti alle coltivazioni in virtù di questa decisione? Qual è la differenza fra una produzione di tipo famigliare e quella dedicata ad un pubblico più ampio?
Nicola Centonze: La nostra famiglia si occupa di viticoltura da più di cinque generazioni nell’agro di San Donaci. I vigneti di famiglia, però, sono sempre stati utilizzati per la produzione di uva che veniva consegnata alla cooperativa del paese.
Una volta che abbiamo deciso di elaborare i nostri vini, a marchio Primo Re, abbiamo avviato la riconversione del terreno per l’ottenimento della certificazione biologica su tutti i vigneti, poiché il Biologico è una filosofia alla quale con Natalia aderiamo in pieno.
C’è una differenza enorme tra la vecchia produzione convenzionale della nostra famiglia e la nostra attuale produzione biologica che mira a vini di alta qualità.
Innanzitutto, puntiamo all’uso conservativo del suolo e ad un incremento naturale della resistenza della pianta nei confronti delle avversità, per ottenere uve sane. Un’adeguata lotta preventiva, con corrette potature invernali insieme a lavori ad hoc per migliorare la ventilazione e l’irradiazione solare, diminuiscono le possibilità di subire attacchi fungini.
Un’altra importante differenza è la bassa resa per ettaro; siamo passati da una resa tradizionale di 150 ql/ha agli attuali 70ql/ha; a livello pianta praticamente abbiamo dimezzato la resa di 3,3 kg per ottenere 1,5 kg, con un marcato miglioramento delle caratteristiche organolettiche e la qualità dei vini.
Pensando al futuro abbiamo anche deciso di impiantare nuove varietà, che affiancano agli attuali vigneti di Negroamaro, Primitivo e Malvasia Nera, per l’elaborazione di nuovi vini (altri blend di rosso ma anche bianchi, rosati ed un vino dessert).
Per quanto riguarda la differenza fra una produzione di tipo famigliare e quella dedicata ad un pubblico più ampio, per noi il punto principale è l’attenzione ai dettagli.
Una piccola cantina come la nostra conosce alla perfezione ogni singolo ceppo e le sue caratteristiche pedologiche, perché solo attraverso una cura e gestione maniacale in vigneto si può garantire un vino davvero eccellente. Una cantina di tipo industriale invece non ha tempo di investire nei piccoli dettagli perché l’obiettivo principale è ottenere il massimo utile con la minima spesa; spesso sono aziende convenzionali, che praticano un’agricoltura completamente meccanizzata ed effettuano la gestione viticola in modo grossolano e a calendario.
Nella nostra esperienza è impossibile fare grandi vini prescindendo da un’uva eccellente da ogni punto di vista, seguita con cura e passione durante tutto il ciclo della pianta.
D: Partire in un certo senso ex novo vi ha messo di fronte ad alcune scelte particolari, come quella del nome del brand: perché Primo Re? Quali storie volete intessere attorno a questo nuovo marchio?
Natalia: Il nome della nostra cantina vuole onorare Arthas, il grande re messapico che abitò nelle nostre terre nel V-IV sec. a. C.; era noto per le sue capacità diplomatiche e strategiche, ma soprattutto perché è stato il Primo Re messapico ad avviare una fratellanza salentina, i “Leoni di Messapia”, che avevano una missione di cooperazione economica, di pace e prosperità. Ci piace questo concetto di “fratellanza”, perché ci teniamo alla valorizzazione del territorio salentino intesa non come promozione dei suoi monumenti o bellezze naturale, bensì dal punto di vista di cooperazione e unione dei salentini con l’obiettivo finale di far riconoscere a livello nazionale ed internazionale le diverse eccellenze del nostro territorio.
Da questo punto di vista abbiamo deciso di rafforzare ancora di più il concetto includendo nel nostro marchio il motto: “Cultori del Vino”. Non si tratta di una semplice frase simpatica, ma spiega il nostro interesse in questa “fratellanza” di cui parlavamo prima. La nostra strategia di brand punta a creare un vincolo stretto con altri enoappassionati come noi, una vera e propria fratellanza a 360 gradi, come quella che Arthas ha creato migliaia di anni fa, non solo nel settore vino ma anche nella letteratura, la poesia, la musica, il cinema, etc.
In particolare, abbiamo creato una sorta di “team” di enoappassionati come noi, che proporranno sul nostro web contenuti originali e di valore pensati per altri cultori del vino: un giornalista recensirà film a tema vino, una musicista selezionerà brani da ascoltare mentre si degusta, tre food blogger proporranno ricette e abbinamenti originali, un enologo suggerirà letture a tema vino, Nicola proporrà consigli pratici per la degustazioni e poi, la mia sezione preferita: “serata fra cultori”, dove gruppi di amici documenteranno i loro incontri di degustazione con foto e video, registrando perfino le loro conversazioni. Tutto questo materiale non viene elaborato da me (che invece curo in prima persona tutti i contenuti e lo sviluppo del web) ma da altri cultori del vino che collaborano volontariamente con noi: ecco perché prima ancora di partire sentiamo che abbiamo già creato questa “fratellanza” che avevamo in mente.
Infine, come parte del nostro impegno nella valorizzazione del territorio, il nostro sito web fungerà anche da vetrina per alcuni giovani artisti salentini, fra cui poeti, designer e musicisti, che hanno come punto in comune la passione per il vino e l’amore per il territorio salentino.
D: L’incontro con Gusto News è avvenuto attraverso i social media che già da tempo curate inserendo contenuti relativi alla cultura enoica, dalle immagini su Instagram, anche di altri brand di vini famosi, al profilo Twitter e alla pagina Facebook, entrambi bilingue, inglese e italiano, ma con una differenza interessante che salta all’occhio: 3.818 follower per il social network dei cinguetti e solo 85 per la piattaforma che si propone come la regina della comunicazione social. Quanto è importante il content marketing e la comunicazione social nel vostro caso? Avete già strutturato una strategia di comunicazione?
Natalia: Come avrai già capito, il nostro sito web va ben oltre un semplice sito aziendale, e la comunicazione con gli altri appassionati del vino – che siano o no potenziali clienti – per noi è prioritaria, sia tramite il sito web (in costruzione), sia tramite i social network.
La nostra strategia di comunicazione quindi punta al nostro target: i “Cultori del vino”, non necessariamente professionisti né intenditori, ma persone curiose che sanno apprezzare il buon vino. Sono persone che sanno ciò che vogliono, protagonisti delle proprie vite, che non si fanno influenzare facilmente e che danno più importanza alla propria esperienza con il prodotto.
I Cultori del Vino sono persone attente agli ultimi sviluppi, valorizzando sia le nuove tecnologie, sia il rispetto per il territorio e per la natura. Non necessariamente mangiano e bevono solo biologico, ma danno importanza al mangiare e bere sano. Il nostro target utilizza i canali di comunicazione più innovativi e i social network; ecco perché per noi la comunicazione sulle rete sociali è di primaria importanza.
La differenza fra i quasi 4.000 follower di twitter e i 150 di facebook è molto semplice da spiegare; già ad agosto 2015 abbiamo deciso di avviare i social con l’intenzione di incominciare a cimentarci in questo settore. Abbiamo deciso però di partire soprattutto con Twitter, perché di tutti quanti è il più “anonimo”, con un notevole successo. Si può dire che praticamente cammina da solo: anche senza twittare, abbiamo un tasso di crescita medio pari a 30 follower al giorno, e a questo ritmo per l’autunno saranno più di 8.000. Da sottolineare che tutti i nostri seguaci sono rigorosamente organici.
Con Facebook invece praticamente non siamo partiti ancora, perché abbiamo adottato una strategia diversa. Abbiamo cercato di contenere la nostra ansietà e di “riempire” lentamente la nostra pagina Facebook con contenuto selezionato per gli eno-appassionati sin dall’estate scorsa, senza invitare gente a mettere il tanto ambito “mi piace”; solo adesso stiamo incominciando a diffonderla un po’ di più. Sul nostro Instagram ci sono foto anche di altri vini, come ben dici tu: non abbiamo paura di parlare bene di altri vini perché non crediamo in questo concetto di “concorrenza” nel senso più stretto, vorremmo invece creare una comunità anche tra cantine e aziende vinicole, anche se non è sempre facile. Su LinkedIn abbiamo oltre 1.000 collegamenti, e siamo anche su Pinterest e Google+, seppure ammetto di dedicare meno tempo a queste piattaforme; abbiamo anche un canale YouTube con idee video già consolidate e accordate con dei videomaker, che saranno online quest’estate.
I contenuti, in tutte le piattaforme, vengono pubblicati in inglese e in italiano, perché la maggior parte dei nostri follower (soprattutto su twitter) utilizza la piattaforma in inglese. D’altronde, dal punto di vista commerciale puntiamo anche all’estero, avendo già stabilito future collaborazioni in Olanda, Repubblica Ceca e Romania, e perciò comunicare in altre lingue per noi è prioritario.
Infine, per quanto riguarda i contenuti, attualmente pubblichiamo notizie fresche e curiosità del settore; quando il nostro sito sarà online, avremo la fortuna di poter contare su tutto il materiale elaborato dai nostri cultori del vino e altri dal nostro blog, tra cui notizie, guide, schede e speciali infografiche che stiamo elaborando in questo momento. Ci teniamo inoltre alla collaborazione con altre testate, puntando su strategie SEO come ad esempio il guest posting o link building per migliorare il posizionamento del sito e quindi la diffusione del nostro brand.
D: Parliamo di vino e dei vigneti di Cantina Primo Re, delle caratteristiche pedoclimatiche dei vostri terreni e del prodotto che desiderate farvi nascere: pregi e successi, sfide ancora da sostenere?
Nicola: abbiamo sei ettari di proprietà, che puntiamo a raddoppiare nell’arco di cinque anni, suddivisi in sette particelle sparse per tutto l’agro di San Donaci. Ognuno di questi 7 appezzamenti vanta delle caratteristiche pedoclimatiche differenti, che ci consentono di creare dei vini unici e irripetibili.
Attualmente l’età dei nostri vigneti varia dai giovani di 6 anni ai più vecchi di 20 anni. I metodi di allevamento da noi utilizzati sono la spalliera e l’Alberello pugliese, fiore all’occhiello e patrimonio paesaggistico di tutta la Regione. Sono proprio gli ettari di Alberello quelli che puntiamo ad incrementare nel prossimo quinquennio, per salvaguardare questa tradizionale forma di allevamento che vanta un equilibrio vegeto-produttivo invidiabile, e che regala a noi viticoltori frutti dall’inconfutabile valore.
Per quanto riguarda il clima, abbiamo il vantaggio di una bassa piovosità annua, specialmente estiva, e questo consente alla pianta di subire uno stress idrico lento e continuo, a cui risponde con una maturazione uniforme e progressiva delle uve fino al giorno della raccolta.
Un’altra caratteristica della nostra area è la forte radiazione termica che incrementa tutti i costituenti dell’uva in maniera regolare; in più, c’è l’effetto mitigatore dei venti, che soffiano in continuo e regalano notti fresche e ventilate, dando luogo a una differenza termica tra giorno e notte che favorisce l’accumulo di sostanze aromatiche negli acini.
I nostri vini rispecchiano tutto ciò di cui abbiamo parlato finora: sono vini caldi, poderosi, che non passeranno inosservati, con una carica aromatica di frutti rossi maturati dal forte solleone, ma che vantano anche un piacevole ed elegante gusto caratteristico della loro varietà. Partiamo con un Negroamaro e un Primitivo, entrambi in purezza.
I nostri vini sono in possesso della certificazione biologica (ICEA) e in processo di ottenere certificazione di adatti per alimentazioni vegana e vegetariana (AVI). Qui vale la pena fare una parentesi e sottolineare che ultimamente molti giornalisti e addirittura “esperti” parlano di “vino vegano” come se fosse un prodotto strano o una moda. Niente di più sbagliato, se si pensa che il vino è un derivato dell’uva e per tanto dovrebbe essere per forza un prodotto vegetale. Il problema è che, storicamente, molte cantine aggiungono sostanze che nulla hanno a che fare con la natura vegetale del vino perché sono d’origine animale (albumina, colla di pesce, gelatina, caseina e tante altre); la legge non obbliga a elencare i composti presenti nel vino e perciò il consumatore non può sapere se beve un prodotto vegetale o animale. Ci avvaliamo della certificazione AVI non solo per rassicurare vegetariani e vegani, ma soprattutto pensando a tutti coloro che vogliono essere certi di ciò che stanno bevendo. Vogliamo che la gente incominci a pensare che un “vino strano” non è quello “vegano”, sennò al contrario quello che contiene colla di pesce, gelatina, etc.
In questo momento per noi la principale sfida è quella di costruire una rete di vendita, un traguardo più difficile per le piccole cantine, anche perché non potremmo mai affidare l’intera commercializzazione dei nostri vini a dei grossi distributori, poiché siamo certi che non riuscirebbero mai a trasmettere la nostra filosofia con la stessa passione che abbiamo noi. In ogni caso, oltre alla vendita diretta e allo shop online sul nostro sito, abbiamo già stretto accordi con alcune enoteche e ristoranti, anche all’estero, e puntiamo a siglare altri nei prossimi mesi.
D: Avete già un’idea precisa della resa dei vostri vigneti? Ritenete che possano produrre vino esportabile al di fuori dei confini nazionali oppure non è uno dei vostri primi obbiettivi?
Nicola: Conosciamo bene i nostri vigneti e quindi abbiamo un’idea molto chiara delle loro potenzialità, dopo le tante generazioni di viticoltori che ci hanno preceduto in famiglia.
Come raccontavamo prima, il nostro obiettivo è quello di ottenere una bassa resa per pianta puntando ad un’alta qualità del prodotto, a discapito della quantità; parliamo di una resa intorno ai 65, massimo 70 ql/ha. È importante tenere in considerazione che molti disciplinari DOP consentono una resa massima di 120 ql/ha, e quello che noi andremmo a produrre sarà il 60% di una DOP, ecco perché parliamo di un prodotto che vanta caratteristiche organolettiche di pregio, adatte per produrre grandi vini.
Natalia: Senz’ombra di dubbio consideriamo che i vini di Cantina Primo Re verranno apprezzati anche all’estero, per diversi motivi. Da un lato perché, come tutte le altre cantine nazionali, abbiamo il vantaggio del “Made in Italy”, che già vende per sé, ma anche perché il vino biologico è sempre più richiesto a livello mondiale, soprattutto nel Nord Europa. Esistono molti vini bio, ma non tanti “poderosi” come quelli che possiamo ottenere in Salento grazie alla forza del sole, e perciò sappiamo che c’è ancora spazio per noi. Nella nostra esperienza, inoltre, all’estero c’è anche un maggiore interesse per i vini che certificano l’assenza di sostanze d’origine animale. Infine, il mercato internazionale cerca sempre di più vini prodotti all’origine da piccole cantine “boutique”, soprattutto se condotte da giovani formati nel settore, e con un bagaglio di conoscenze importante a livello internazionale come noi.
D: Un’immagine della Puglia dei vini dal vostro punto di vista e una considerazione sul sistema consortile e sui rapporti di buon vicinato.
Nicola: La Puglia è da sempre una delle regioni italiane che producono più quantità di vino; sebbene sia vero che storicamente le uve pugliesi si utilizzavano per produrre vini di massa e da taglio, durante gli ultimi 20 anni c’è stata una completa inversione di marcia, con molte cantine pugliesi che puntano alla valorizzazione delle varietà autoctone e investono molte risorse per produrre vino in bottiglia di alta qualità.
Nei nostri viaggi abbiamo notato che anche i consumatori stranieri incominciano a riconoscere il Primitivo e il Negroamaro come varietà pugliesi (o almeno meridionali), e abbiamo trovato con piacere un angolino dedicato alla Puglia in molti wineshop e delicatessen di diversi Paesi europei, una situazione alquanto impensata fino a 10 anni fa.
La Puglia ha fatto quindi passi da gigante, ma siamo convinti che bisogna investire ancora di più sulla promozione del territorio, non a partire dalla singola cantina, bensì da gruppi di produttori, associazioni ed enti. È necessario unirsi e abbandonare il concetto di cantina “concorrente”, sostituendolo con l’idea di partnership, unica strada per raggiungere i vertici mondiali dell’enologia. In questo senso sono avanti i francesi, da cui possiamo imparare tanto per quanto riguarda la promozione territoriale, superando le gelosie con la cooperazione, e tornando ancora al concetto di fratellanza che a noi sta tanto a cuore.
D: Cantina Primo Re fra un anno.
Natalia:In un anno immaginiamo che Cantina Primo Re si sia già guadagnata una propria nicchia di mercato, anche grazie ad una serie di riconoscimenti nazionali e internazionali che speriamo di ottenere, e che ci dimostrerebbe che tutta la passione e professionalità che abbiamo messo nei nostri vini e nel nostro brand viene riconosciuta dagli esperti del settore.
In più, immaginiamo anche di aver completato i lavori alla nostra cantina nell’agro di San Donaci, e l’impianto di almeno 2 nuovi ettari per aumentare la nostra superficie vitata.
Infine, fra un anno, sarà la nostra prima estate con il vino di Cantina Primo Re già sul mercato e quindi abbiamo in programma una serie di idee originali, che coinvolgeranno i “cultori del vino” da diversi punti di vista e li renderanno protagonisti assoluti di ogni evento.
In bocca al lupo!
Aleksandra Semitaio
Grazie mille Aleksandra e il team di Gusto News per darci la possibilità di raccontare la nostra filosofia e i nostri progetti. Vi aspettiamo in Salento non appena i nostri vini saranno sul mercato!