Nel pomeriggio di venerdì 26 febbraio presso il Salone Razetti, all’interno del suggestivo Convento dei Domenicani di Altomonte (in provincia di Cosenza), la nostra redazione ha partecipato ad un convegno dedicato all’azione dell’intervento pubblico di garanzia sul credito alle PMI, intitolato “Il Municipio motore d’impresa”.
L’argomento diventa interessante nell’ottica di una cultura territoriale di sistema che sperimenta forme di collaborazione proattiva tra il Comune di Altomonte e soggetti privati, Banca Medicrati e Confidi Federimpresa s.c. – Confartigianato Imprese Cosenza.
Gli attori di questa iniziativa hanno stretto una convenzione per finanziare piccole linee di credito a vantaggio delle imprese locali, che diventano a loro volta protagonisti e attori dell’accordo.
Un esempio di cooperazione territoriale integrata, che ha al centro dell’operazione la parola credito, quindi fiducia reciproca tra Pubblica Amministrazione, Enti di Rappresentanza e imprese del passato e del futuro, per generare valore.
Per noi è stata l’occasione per visitare Altomonte, antico borgo medievale che fa parte dell’Associazione “I Borghi tra i più belli di Italia”, incastonato su un’altura che si erge a pochi chilometri da Cosenza, su territorio a forte vocazione agricola.
In questa occasione abbiamo potuto usufruire di una visita guidata per conoscere una fra le alcune realtà più importanti di Altomonte che merita di essere valorizzata e rilanciata, ossia il Museo dell’Alimentazione Mediterranea, che ha sede nel Palazzo Battaglia, nel quale è stata allestita una sala multimediale e sensoriale, dedicata ai processi alimentari legati alla lavorazione tradizionale del pane impastato con lievito madre.
La struttura museale è dedicata anche all’esposizione di prodotti tipici legati al territorio: i visitatori non soltanto possono compiere un’esperienza sensoriale nella sala multimediale, ma seguire eventi enogastronomici e corsi di educazione alimentare.
La finalità del Museo è quella di indurre il visitatore al riconoscimento di un’identità enogastronomica locale.
Il cibo, a nostro avviso, non soltanto è un’esigenza biologica, per l’uomo diviene anche un valore etico e di determinazione sociale. L’alimentazione è un fattore indissolubilmente legato alla storia dell’umanità e da essa dipendono molti eventi concatenati tra di loro, come la crescita demografica di una popolazione, la prosperità e la povertà, le guerre di conquiste di territorio.
Sin dalle antiche comunità di raccoglitori-cacciatori sappiamo infatti che la presenza di uomini in una determinata area è stata da sempre determinata dalla presenza o meno di reperire facilmente e con un certo grado di sicurezza il cibo.
Le comunità sono diventate stanziali quando hanno scoperte tecniche metodiche di agricoltura e di allevamento, che potessero garantire la sussistenza nel lungo termine di una comunità che da nomade divenne stanziale.
Ogni cultura ha un codice etico di condotta alimentare che predilige alcuni alimenti e ne vieta altri, per motivi etico-religiosi, rispecchiandone fortemente l’identità di un territorio, ecco perché il cibo che ad essere una condizione fondamentale determinante per la sussistenza della nostra specie, diviene parte integrante di una comunità, come quella di Altomonte.
La comunità dell’antico borgo medievale altomontese ha deciso di dedicare un progetto culturale alla storia locale del pane, per tramandare l’identità passata, per non perdere le proprie radici e per creare un contenitore culturale che possa ispirare anche le future generazioni d’imprenditori altomontesi a partire dallo loro storia.
Lo spopolamento di giovani delle aree montane è oramai un fenomeno che mette in crisi le economie dei borghi, forse la cultura territoriale unita alle tecnologie contemporanee possono dare input necessari alla sussistenza delle tradizioni di un popolo per fare economia.
A chi spetterà cogliere l’eredità tramandata da un territorio, per far sì che la sua vocazione territoriale diventi cultura d’impresa? L’enogastronomia e la valorizzazione dei prodotti locali potrebbero essere una via da seguire, poiché la cultura del cibo, come abbiamo detto sopra, non è soltanto una moda temporanea dettata come pallido eco derivante dall’Expo 2015, ma è una costante nell’esistenza umana che può determinare sostenibilità e innovazione economica duratura.
Roberta Zappalà